intervista al dott. Raffaele Cantone


Pubblico, tratta da "Buongiono Campania" ieri in edicola, una illuminante e chiarificatrice intervista del direttore del quotidiano dott. Franco Genzale al dott. Raffaele Cantone, magistrato presso la Corte di Cassazione e già sostituto procuratore presso la Dda di Napoli. Raffaele Cantone, che ha condotto molte fra le più importanti indagini sulla camorra casertana ed ha istruiti i più significativi processi, non è più alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli dall'ottobre 2007. Egli, dopo il suo trasferimento alla Corte di cassazione, ha scritto "Solo per giustizia", un libro dove ripercorre le tappe della sua formazione e la sua esperienza di magistrato di frontiera che, per aver solo fatto il proprio dovere con coraggio ed abnegazione, ha ricevuto più volte minacce di morte ed è costretto a vivere sotto scorta (unitamente ai propri familiari) da anni. "Solo per giustizia" è un libro autobiografico, la cui lettura è vivamente consigliata a chiunque voglia capire lo sconcertante potere delle mafie, le connivenze con le Istituzioni e le Amministrazioni, ma anche apprezzare l'impegno dei tanti uomini che, con grande senso del dovere e con grande coraggio, si impegnano quotidianamente per assicurare al nostro Paese il mantenimento dello stato di diritto.

Emilio Iannotta

L'intervista

«I pm di Cosentino? Gli stessi di Setola» I temi della giustizia e della legalità, le connivenze tra politica e camorra, la riforma del processo breve, il caso Cosentino ed ancora la lotta alla criminalità organizzata. In esclusiva sul circuito Lunaset, Raffaele Cantone, magistrato presso il Massimario della Cassazione ed ex sostituto procuratore presso la Dda di Napoli risponde alle domande del direttore Franco Genzale. Da profondo conoscitore del territorio della Campania, Cantone risponde senza mezze misure e apre squarci importanti sulla criminalità organizzata in Campania e sulle infiltrazioni della camorra negli Enti Locali. L’intervista si è svolta presso il liceo polifunzionale Elsa Morante a Scampìa dove Cantone (che vive sotto scorta da sei anni) ha tenuto una lectio magistralis con successivo dibattito. Nelle ultime settimane sembra emerso un conflitto tra la politica e la giustizia, soprattutto dopo la richiesta d’arresto alla Camera dei Deputati del sottosegretario all’Economia e coordinatore del Pdl, Nicola Cosentino. Mentre la giustizia in Campania ha risposto con il silenzio, la politica ha, invece, puntato il dito contro i pm e in particolare contro la giustizia ad orologeria: «Sarebbe banale se dicessi che in Italia non esiste la giustizia ad orologeria giacché le elezioni sono sempre dietro l’angolo - dice Cantone -. In tal senso ci sarebbe sempre un orologio a cui far riferimento. Sul caso Cosentino mi limito a una considerazione. Ricordo che quando, non più di qualche mese fa, le forze dell’ordine catturarono l’ala stragista dei casalesi il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, volle incontrare di persona i magistrati per tesserne le lodi e in quella occasione dichiarò che la magistratura aveva dato un’eccezionale prova di sé, decapitando il clan. Mi chiedo perché se quei magistrati definiti così bravi quando arrestarono Setola debbano oggi essere considerati dei brocchi?». Il magistrato antimafia, autore del bestseller “Solo per giustizia” sottolinea poi l’atteggiamento di sfiducia che avvolge soprattutto le nuove generazioni: «Cresce tra i ragazzi – dice il magistrato -, una sfiducia verso la politica, un disinteresse nato anche da questa impostazione di difendersi a riccio quando si viene attaccati». Per Cantone «la camorra è forte e persiste anche perché gode di certe connivenze». «Ed è quindi soprattutto interesse della politica liberarsi di queste connivenze. Sarebbe anzi il caso che lo facesse senza attendere l’avvio delle indagini giudiziarie». Il magistrato torna poi sui rapporti tra camorra e politica. In Campania ce n’è tanta «soprattutto negli Enti Locali laddove la criminalità organizzata possiede attività economiche e ha un consenso diffuso che utilizza anche ai fini elettorali». «In quel caso - spiega Cantone -, è fondamentale spezzare il meccanismo del consenso. Ma - aggiunge -, i meccanismi di controllo preventivo negli Enti Locali purtroppo funzionano poco così come il meccanismo dello scioglimento dei Comuni per infiltrazione camorristica. Ormai non ci sono più Comuni sciolti per camorra. Questo vuol dire che non c’è camorra? Noi sappiamo che non è così». L’ex sostituto procuratore della Dda di Napoli sottolinea come gli attuali sistemi elettorali consentirebbero un sistema di selezione rigoroso. «Senza più l’obbligo della preferenza, la politica può liberarsi delle persone poco raccomandabili già in una prima fase – spiega Cantone - Mi chiedo perché non lo facciano? Non è quindi soltanto un problema di legislazione ma anche di coerenza tra le parole e le scelte che poi si attuano» Ed ancora sul rapporto tra politica e magistratura: «Non credo che le toghe napoletane abbiano un colore diverso dalle altre toghe presenti in Italia. In genere le toghe hanno il colore che gli si vuole attribuire. Ovvero il colore che fa più comodo attribuire in quel momento. Ricordo che le toghe rosse di oggi sono le stesse che hanno fatto arrestare gran parte della giunta Iervolino, le stesse che hanno inquisito il Presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, e quelle che hanno condotto indagini significative sul sistema del ciclo integrato dei rifiuti. Toghe che - precisa Cantone -, non hanno avuto grande riguardo né per la destra né per la sinistra». Insomma per il magistrato antimafia è importante dare esempi anche per contribuire al riassetto della società. «Basterebbe ascoltare i giovani studenti per comprendere quali danni procurano la stampa, le tv e i media quando riferiscono, senza contradditorio, le parole di chi definisce “porcate” i processi - accusa il magistrato che - aggiunge - è facile dire che i processi sono porcate quando riguardano Tizio, Caio e Sempronio e invece esemplari quando giudicano lo spacciatore delle Vele di Scampia. Dovremmo - prosegue Raffaele Cantone -, avere maggior rispetto verso le Istituzioni, nell’interesse delle Istituzioni stesse ». Intanto cresce tra i ragazzi una sfiducia verso le Istituzioni e verso la politica: «Tra le domande più ricorrenti che mi hanno rivolto gli studenti - rivela l’ex pm -, c’era questa: “perché la giustizia è diversa quando tocca certi contesti e non altri?”. La verità è che quando si arrestano spacciatori a Scampia come altrove ci sono grandi proclami, ma noi sappiamo bene che la lotta alla camorra non si esaurisce nella semplice retata. La camorra - conclude Cantone -, è forte e persiste perché gode anche di certe connivenze». Di qui la necessità di un cambiamento a trecentosessanta gradi.

LOTTA AI CLAN C’è, secondo lei un deficit di legislazione nella lotta alla camorra? O piuttosto si tratta di un elemento marginale? «Ogni legge può sempre essere migliorata. Mi riferivo alla legge sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazione camorristica. Quella legge è stata già modificata secondo le indicazioni degli esperti dell’antimafia. Però non credo sia un problema soltanto di legislazione ma anche di scelta. Alcuni sistemi elettorali consentirebbero un sistema di selezione più rigoroso. Senza più l’obbligo della preferenza la politica può liberarsi delle persone poco raccomandabili. Ma mi chiedo perché non lo facciano?» Gli ultimi dati dello Svimez riferiscono che in Campania, Calabria e Sicilia (tre regioni emblematiche per la presenza mafiosa sul territorio) gli investimenti stranieri hanno toccato appena lo 0,6%, una percentuale insignificante rispetto alla media delle altre regioni. Secondo Lei la responsabilità è della criminalità organizzata, del sistema istituzionale o di entrambi? «Sicuramente di entrambi. La criminalità è presente in molteplici settori dell’economia e così molti imprenditori preferiscono investire altrove piuttosto che scendere a compromessi. Pur tuttavia ci sono anche responsabilità delle imprese del nord. Basti constatare i criteri per cui vengono affidate rappresentanze di alcuni prodotti, o i metodi di selezione da parte delle grandi imprese delle ditte appaltanti. Questo però è la dimostrazione che la camorra sarà forte laddove non ci saranno le condizioni dello sviluppo. Il welfare della camorra è un welfare finto».

«Il magistrato può partecipare alla politica a patto che poi rinunci» Risponde con onestà Raffaele Cantone anche alla domanda se un magistrato che decide di lasciare la toga per intraprendere una carriera politica renda merito alla giustizia e alla politica, oppure no? «L’idea dei magistrati che fanno politica potrebbe ingenerare l’idea che si crei un particolare meccanismo tra politica e magistratura - dice l’ex pm -. Ma va detto che, allo stato attuale, i magistrati sono presenti in entrambi gli schieramenti di centro destra e di centro sinistra. Anzi, se dovessimo considerare soltanto i numeri, ci accorgeremmo che al Parlamento siedono più magistrati che fanno parte dello schieramento che si ritiene avversario alla magistratura che gli altri». «Anche in Campania - prosegue Cantone -, ci ritroviamo con tanti magistrati eletti nello schieramento della maggioranza di Governo. Ma credo che questo ragionamento non porti da nessuna parte. Credo, invece, che non si possa negare al magistrato di intraprendere una carriera politica. A patto però che lasci la magistratura. In un Parlamento democratico - spiega ancora Cantone -, infatti, è giusto che ci sia spazio per tutte le professionalità. Attualmente credo ci sia una presenza eccessiva dell’avvocatura e questo spiega anche una serie di norme non sempre funzionali agli interessi della giustizia ma di casta». Secondo il magistrato in Parlamento vi è una scarsa rappresentanza del mondo lavoro: «Non ci sono più insegnanti, pochi rappresentanti della sanità. E’ in atto - sottolinea -,un sistema per cui il Parlamento esprime quelli che erano già potenti prima. Ecco perché credo che anche ai magistrati debba essere data l’opportunità di portare la propria esperienza in politica e sedere tra gli scranni del Parlamento. Il problema è il dopo. Non credo, che una volta lasciato la Camera o il Senato, il magistrato possa tornare ad indossare la toga come se nulla fosse accaduto. Credo che questo sia un problema legislativo, delicato che anche la magistratura dovrebbe farsi carico, chiedendo una riforma. L’ex politico magistrato - conclude- potrebbe avere sì un incarico magari da funzionario dello Stato o restare nella magistratura ma non nel contenzioso».

«Sul Ddl per il processo breve se ne potrà discutere in futuro» Sulla riforma del processo breve non ci sono spiragli di intesa tra maggioranza e opposizione. Ieri Pierluigi Bersani, segretario del Pd, ha invitato Pdl e Lega a ritirare il disegno di legge che hanno presentato al Senato come condizione di un dialogo. Sul testo della riforma è iniziata la discussione a Palazzo Madama in Commissione giustizia, ma è stata subito aggiornata alla prossima settimana. Per quanto riguarda i tempi di approvazione del ddl: entro gennaio, dopo l'approvazione della Camera, la riforma del processo breve potrebbe già trasformarsi in legge. Martedì scorso intanto il procuratore Giovandomenico Lepore ha lanciato l’allarme. Soltanto a Napoli, metropoli in cui il numero di reati supera parecchie città occidentali «potrebbero cadere in prescrizione tra i 30 e i 50mila processi per effetto del ddl sul cosiddetto processo breve». L'allarme lanciato da Lepore ha provocato non poche reazioni: «Non ho ancora i dati esatti - ha detto Lepore - ma i processi a rischio sono compresi tra i 30 e i 50 mila. Inoltre, a Napoli, abbiamo anche il problema del casellario giudiziario che non è aggiornato e nel quale non sono inseriti tutti i dati utili a rilevare se le condanne sono state inflitte a incensurati o delinquenti abituali». Sarebbero circa 12 mila le sentenze di condanna non inserite nel casellario di Napoli. Sulla riforma del processo breve interviene anche Raffaele Cantone nel corso della trasmissione “Agorà”: «Il problema della giustizia italiana - dice -, sono i tempi. Persino il Brasile, sul caso del rimpatrio del terrorista Cesare Battisti, si prende gioco della giustizia italiana. Questo per dire che persino gli Stati sudamericani ci considerano male. La verità è che i tempi dei processi sono davvero lunghissimi. I processi sono una palla al piede, i procedimenti civili sono un terno al lotto a quando verranno celebrati ». «Il problema vero - dice il pm antimafia -, è che non si può pensare di inserire una legge sul processo breve rispetto a vicende già in corso. Il motivo è semplice. Tutti gli attori del processo devono sapere in anticipo le regole. Al contrario non mi scandalizzerei se questa norma venisse applicata in futuro. Il problema è che qualcuno ritiene che la riforma sul processo breve sia più utile per i processi del passato che per quelli futuri. E’ una cattiveria? Staremo a vedere». Cantone interviene anche sulla polemica secondo cui la lentezza dei procedimenti dipenderebbe anche da una certa magistratura “fannullona”. «Anche su questo aspetto - replica il magistrato -, non credo che bisogna chiudersi dietro logiche corporative. Quindi non ho difficoltà a dire che anche fra i magistrati si nasconde qualche fannullone. Pur tuttavia sarebbe compito di chi è preposto al controllo, prevenire casi di fannulloneria. Ma in genere le ispezioni vanno dirette contro i magistrati ficcanaso e non contro quelli fannulloni». La magistratura sembra in ogni caso compatta sul fatto che il ddl resti un’ipotesi per il futuro e non per i procedimenti attualmente in corso.

CHI E’ INDAGATO SI FACCIA DA PARTE E LASCI LA POLITICA Secondo lei è opportuno che un politico, pesantemente chiamato in causa per fatti di camorra, si faccia da parte? «Credo che la politica non debba neppure aspettare l’avvio delle indagini da parte della magistratura - ha detto Raffaele Cantone -. Credo che la politica debba avere il coraggio di allontanare candidature che possono essere equivocate. La politica ha un rapporto col territorio che gli consente di sapere bene chi opera. Ricordo di aver partecipato ad un convegno in cui Massimo D’Alema disse: “Non abbiamo bisogno delle indagini giudiziarie per sapere chi sono i collusi”. Sono convinto che abbia detto la verità. Non bisogna aspettare quindi i magistrati per fare chiarezza ma già in fase di indagine è giusto fare un passo indietro e aspettare»

Beni confiscati ai clan: «Agenzia di controllo? Sì alla sua istituzione» Tanti i beni confiscati alla camorra nel corso degli anni. Molti di questi beni sono divenuti aziende e danno lavoro a tante persone. Terreni, masserie, aziende agricole e appartamenti destinati ad altro grazie all’intervento dello Stato. Tuttavia non sempre i beni confiscati diventano dei punti di riferimento ma a volte hanno le sembianze di “scatole vuote”, sedi mal utilizzate o non utilizzate affatto. Per Raffaele Cantone la questione è molto importante: «Quello dei beni confiscati è un problema che deve essere affrontato in primis evitando che si creino meccanismi quali il professionismo dell’antimafia. Ci sono alcune realtà che ritengono di avere il monopolio dei beni e ciò è sbagliato». Per Cantone la vicenda sui beni confiscati ai clan della camorra, della mafia e della ndrangheta andrebbe quindi affrontata a 360 gradi. «Il legislatore già nella prossima Finanziaria ha introdotto una norma che prevede la vendita dei beni confiscati - dichiara il magistrato -. Un provvedimento che non mi scandalizza (purché vi siano tutte le cautele) ma che in ogni caso non deve rappresentare l’ennesimo intervento fuori contesto». «Bisogna creare una politica dei beni confiscati - prosegue Cantone -, ma è necessario che questa venga mossa da una logica. Da tempo si chiede l’istituzione di un’agenzia. Ben venga». Per il magistrato napoletano l’istituzione di una agenzia ad hoc per i beni confiscati «ha una sua logica perché in questo modo controlla come vengono gestiti questi terreni, proprietà confiscate, evitando poi che gli Enti Locali si facciano carico di alcune incombenze come quella di cacciare via le famiglie dalle case poste sotto sequestro». Non solo. Per Cantone è necessario che si facciano gli opportuni riscontri anche sull’utilizzo dei beni stessi: «Un’Agenzia potrebbe anche decidere circa l’utilità dei beni. Ma il valore simbolico dei beni confiscati deve restare fondamentale». Il motivo è semplice. Se esistono imprese che funzionano bene con l’intervento della camorra ma che al contrario non rendono una volta che a prenderne possesso è lo Stato si rischia di far passare un messaggio errato. «Quella mentalità - spiega Cantone -, che tutto sommato è meglio la camorra piuttosto che il nulla. Ecco perché non mi scandalizzerebbe una norma che dia il via libera alla vendita dei beni confiscati purché alla base resti il principio. Non si può pensare ai beni confiscati come al mezzo per trovare nuovi soldi, per aumentare le casse. I beni confiscati alle mafie devono rappresentare, in ogni caso, anche la lotta alla camorra». Raffaele Cantone prende chiara posizione nei confronti della gestione di case, appartamenti sequestrati ai clan. Anche ai giovani di Scampia il magistrato sottolinea l’importanza di praticare la legalità. «In alcune realtà lo Stato rappresenta la repressione e invece mi sono meravigliato della spontaneità di questi ragazzi. Oggi a Scampia non c’è stata alcuna parata, ma un incontro vero».

«Io e Saviano, vita blindata ma col sorriso»

Tra il magistrato Raffaele Cantone e lo scrittore Roberto Saviano c’è una amicizia vera e profonda. Cantone, a suo tempo, diede una grande mano al giovane autore di “Gomorra” che si apprestava a scrivere la sua opera che di lì a poco sarebbe divenuta un bestseller in tutto il mondo. Un filo che non si è mai spezzato e che anzi ha continuato ad unirli più che mai. Cantone e Saviano hanno avuto in sorte lo stesso destino di persone blindate: costrette a vivere ventiquattro ore su ventiquattro con la propria scorta. Cantone rispetto a Saviano vive con gli uomini della scorta da molto più tempo. Poi la scorta è stata rafforzata dopo che l'avvocato dei boss Francesco Bidognetti e Antonio Iovine lesse in aula un documento nel quale si chiedeva che il processo venisse trasferito in un altro distretto giudiziario per «legittima suspicione». Nell'istanza si sosteneva che l’ex pm della Dda Raffaele Cantone aveva insieme all’autore di Gomorra «tentato di condizionare l'attività dei giudici ». Recentemente Saviano ha confessato di sentire spesso Cantone: «Quando non ne posso più della mia vita blindata, sento Raffaele Cantone perché vive costantemente sotto scorta non da due anni, ma da molti di più». Ieri ai microfoni del circuito Lunaset lo stesso Cantone ha detto: «Con Roberto Saviano c’è un rapporto di fiducia e di stima reciproci. Ci sentiamo e ci vediamo spesso, soprattutto a Roma. Le nostre telefonate non riguardano soltanto la nostra condizioni di “blindati” ma spesso sdrammatizziamo. La verità è che al contrario di me Saviano ha avuto qualche problema ad abituarsi a questo mondo che comprende le forze dell’ordine e le scorte. Nel tempo si è cementata una esperienza legata alle sue difficoltà. Adesso il rapporto va oltre la scorta e riusciamo a parlare anche di altro».



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