Emilio Iannotta
MOZIONE
RIPARTIRE DALLA MILITANZA CONSAPEVOLE E DAL CONFRONTO DEMOCRATICO PER COSTRUIRE UN PARTITO PLURALE E INNOVATORE
Caserta, 22 gennaio 2010
Premessa
Oggi, però, una forma di siffatto dialogo è confinato solo in pochi e ristretti ambienti. Viviamo in un mondo in cui la maggior parte delle persone è arrivata alla convinzione di possedere dei privilegi e di avere delle chiavi di lettura del mondo che non accetta mai di mettere in discussione. Di fronte non abbiamo più un amico o un compagno di percorso, con il quale ricercare anche piccole verità attraverso il gioco serio di domande e risposte di un dialogo rispettoso, ma abbiamo un avversario, che ha torto a prescindere, un nemico dannoso, la cui sola esistenza viene avvertita come una minaccia.
Così muore il dialogo e impera la polemica il cui unico obiettivo è l’annullamento dell’altro come interlocutore, l’affermazione senza se e senza ma del proprio punto di vista. Ormai è così dalle discussioni politiche e religiose a quelle da bar. E’ così, purtroppo, anche nelle discussioni in famiglia e sicuramente questo fatto concorre all’aumento del malessere che vi si registra. Si enfatizza, si alza la voce, si grida, si gesticola, si assumono pose plateali… insomma al posto del dialogo subentra il teatrino, un teatrino nauseante, che vorrebbe ridurci a semplici marionette, sterilizzando ogni nostra capacità di risposta seria e sensata.
Viviamo un grande pericolo perché nella storia non si è mai visto nascere nuove idee dalla polemica. E solo Dio sa di quante nuove idee avremmo bisogno per affrontare con umanità e umanesimo le sfide di questo mondo sempre più complesso e tecnologizzato. E solo Dio sa di quante nuove idee avremmo bisogno per risanare le ferite mortali inflitte alla nostra Terra di Lavoro e alla sua comunità.
Prospettiva politica
Il congresso provinciale dovrà essere in grado di far avvertire sia all’interno sia all’esterno del partito una discontinuità di indirizzi e di comportamenti politici, un segnale oggi largamente atteso nel partito. Ma tale discontinuità con il passato non deve risolversi in un mero espediente tattico e verbale, bensì dovrà scaturire da un’analisi severa e rigorosa dello stato del partito, stato che comunque ha contribuito insieme ad altre cause esterne al partito alla sconfitta nelle elezioni politiche del 2008. E discontinuità vuol dire anche avviare una gestione del partito che privilegi la partecipazione, la trasparenza e la democrazia interna, tutte sacrificate negli ultimi anni, per superare i seri e palesi limiti rispetto all’identità e alla appartenenza al partito come forza di centro-sinistra, convinta delle proprie ragioni e dei propri valori.
Il successo di una politica e di un partito dipendono sia dai contenuti e dai valori condivisi, per i quali ci si impegna, sia dalla coerenza e dalla credibilità con le quali quei contenuti e quei valori vengono perseguiti. Guardando retrospettivamente agli ultimi dieci anni non possiamo non riconoscere che siamo stati fortemente deficitari su entrambi questi fronti. Per tale motivo occorre mettere in campo una serie di azioni e di comportamenti che assicurino il rilancio del partito e della sua identità, in quanto:
non può esservi crescita del partito senza definire l’identità politica dello stesso;
non vi può essere identità senza una avanzata democrazia interna che porti sempre ad assumere collegialmente soluzioni mediate e condivise da tutti;
lo stesso Antonio Di Pietro, leader indiscusso del partito, ha come meta quella di far crescere il partito e il Paese oltre la propria leadership carismatica, nella consapevolezza che le persone passano mentre le idee, le passioni, l’amore per il proprio Paese devono andare oltre gli uomini.
Una prospettiva politica che abbia le fondamenta su queste basi è l’unica in grado di rilanciare il partito Italia dei Valori in quanto consente immediatamente anche il recupero di adesioni e di voti principalmente tra chi ha temporaneamente deciso di non votare per la nausea verso un modo di fare politica al quale, purtroppo, anche noi, se non abbiamo uno scatto di reni, corriamo il rischio di allinearci e di assuefarci.
Si profilano prima dell’orizzonte le elezioni comunali di Caserta e le elezioni in molti comuni della provincia, elezioni che costituiranno un banco di prova dell’organizzazione provinciale che uscirà dal congresso di questo 22 gennaio 2010. La fuoriuscita dal partito con tutte le loro schiere sia dell’unico deputato (Americo Porfidia, passato a Noi Sud) sia dell’unico parlamentare europeo (Vincenzo Iovine, passato all’API) hanno di fatto creato un momento di debolezza per superare il quale occorre attivare una attrazione gravitazionale per catturare nuovi iscritti e nuovi elettori. Questo obiettivo si può raggiungere solo con un partito che sappia promuovere la partecipazione attiva e consapevole, costruendo attraverso un dialogo rispettoso e stringente una piattaforma condivisa sui principali temi che interessano le realtà locali, la provincia, la regione e l’Italia tutta. Solo attraverso questa strada si può pensare di poter dare vita ad un partito solido in grado di ottenere consensi elettorali che crescano costantemente nel tempo.
E’ giunto il tempo di far cadere l’immagine di un partito visto come un autobus sul quale si sale e si scende a proprio piacimento quando ciascuno è arrivato alla destinazione che si era prefisso. Occorre che la meta sia comune per tutti e la meta è la crescita e lo sviluppo della nostra società, crescita e sviluppo che si realizzano attraverso l’elaborazione e l’attuazione di idee nuove e condivise e non riducendo l’azione politica ad una sterile contrapposizione a Silvio Berlusconi, il quale ha se stesso come suo peggiore avversario a causa del suo modo di essere che agli Italiani appare di giorno in giorno sempre più chiaro.
Il valore della partecipazione politica
Nel nostro Paese la crisi che da anni attanaglia l'area del centrosinistra ha portato ad una ineludibile vittoria del polo di centrodestra con Berlusconi e la Casa delle Libertà. La sconfitta per alcuni ha assunto addirittura i caratteri di una liberazione, di un dovuto e inevitabile stop, necessario per una nuova partenza dopo un processo di 'purificazione' tramite la permanenza all'opposizione. Una condizione dello spirito questa, visibile e tangibile nell'atteggiamento di molti che, delusi dalle vicende dell'agire politico senza voce e senza slancio sia del governo nazionale sia di quelli locali, tornano nel 'privato'. E' la conseguenza naturale del vuoto, dell'afasia, della mancanza di ogni concreto dibattito e proposta sulle questioni più delicate quali, tra le altre, lo sviluppo e la legalità.
Sembra, in questo contesto, ed è questo paradossale, che l'iniziativa politica sia passata alla destra, interamente impegnata a utilizzare uno spazio immenso lasciato libero dalle difficoltà del centrosinistra nel costruire un progetto per questo Paese.
Tale scenario si riempie di contenuti ancora più drammatici allorché esso è calato nella nostra realtà locale dove le forze di centro-sinistra che hanno governato la provincia e il comune capoluogo hanno dato prova di vivere una serie di difficoltà da cui non si riesce ad uscire sia per la chiusura delle varie forze politiche su posizioni di potere e di egemonia sia per l'assenza di un chiaro progetto politico.
Le conseguenze nel tessuto sociale sono di una gravità assoluta. I cittadini oramai ritengono che anche le sorti della città capoluogo nelle elezioni comunali di questa primavera siano irrimediabilmente segnate, come lo sono state quelle della provincia. La politica ha rinunciato al suo ruolo irrigidendosi nelle vesti di una burocrazia che rende la sua pratica riconoscibile solo a se stessa, agli 'iniziati', appartenenti a gruppi di potere o a clan familiari, che costituiscono il proprio 'habitat' negli Enti, nei Consorzi, ecc. dove, sulla linea di false diversità, essi coesistono.
La crisi del nostro partito, come quella dei partiti dell'area del centrosinistra, si traduce nella sempre minore capacità di intercettare consensi e di creare entusiasmi, si avverte nell'assenza di un dialogo con la società civile, con le associazioni, con quanti hanno tanto da dare in termini di partecipazione e di proposta. Un dialogo non ricercato, spesso invocato in maniera strumentale, mai vero e sofferto, quasi sempre contrastato in quanto visto come impropria intrusione su terreni privilegiati. Eppure ci sarebbe tanto da dire. Questioni fondamentali come l'emergenza ambientale, la criminalità, l'illegalità diffusa, la dispersione scolastica, la tutela dei minori, il lavoro nero, l'occupazione, ecc. vengono relegate al ruolo di spots propagandistico-elettorali e non diventano veri punti programmatici di un dibattito serrato. Eppure ci sarebbe tanto da fare.
La realtà delle cose indurrebbe ad una desolata rassegnazione.
Eppure viene da chiedersi se questa condizione di rassegnazione non sia il risultato, studiato a tavolino, di un cosciente agire politico che tende a chiudere gli spazi della partecipazione, relegando noi tutti in un'angusta 'riserva indiana' del pre-politico.
Viene da chiedersi se questo stato di rassegnazione non sia lo spazio vitale e precondizionato dove gli "unti" lanciano solo nel momento elettorale l'appello all'unità contro i barbari alle porte per poter raggiungere il loro obiettivo esclusivamente elettorale.
Ma se a questa domanda diamo una risposta, allora sappiamo che non è possibile restare indifferenti. Sappiamo anche che a tutto ciò è necessario opporre una presenza critica e responsabile, non per colmare i vuoti della politica, ma al contrario per trasportare le esigenze dei cittadini nell'area della politica, di fare in modo che il dibattito si sposti sul piano della verità e della ragione. Sono tantissimi le donne e gli uomini, non solo del centrosinistra, che avvertono questa esigenza. E' vitale, dunque, incamminarsi su questa strada, riappropriandosi del proprio destino.
Infatti, non basta una retorica del cambiamento, né un generico richiamo all’orgoglio di partito, quando l’orgoglio è veramente sentito, perché di fatto il partito non ha attualmente nessuno strumento di formazione e comunicazione, con una vita interna poco partecipata e democratica. Con le ultime esperienze di salita e discesa dall’autobus pensiamo sia anche concluso, per fallimento, il modello di direzione leaderistica, il modello, cioè, di una “democrazia di mandato” fondata su deleghe in bianco a singoli o a ristretti gruppi di comando e a deboli sistemi collettivi di formazione delle idee e delle decisioni. Invece, bisogna avere coraggio nel rinnovare i gruppi dirigenti, affidandosi non solo a figure storiche di indiscussa fedeltà e sincero impegno per la crescita del partito ma, soprattutto, operando una apertura a nuove generazioni di giovani, di donne, di lavoratori, di intellettuali e combattendo ogni forma di cooptazione, di notabilato, di carrierismo politico.
Noi riteniamo, pertanto, che vada creata un nuovo tipo di organizzazione provinciale per mettere in campo una grande iniziativa di mobilitazione delle coscienze per ridare un'anima alla politica, sempre più persa nei meandri del potere. Occorre promuovere la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica ed amministrativa con trasparenza. Va ricostruito un luogo della politica più ampio dove i cittadini possono discutere di problemi fondamentali delle città in cui vivono, al fine di assicurare la vivibilità ed il bene comune.
Per realizzare quest'obiettivo è necessario costruire all’interno dell’organizzazione provinciale che si andrà a costituire una nuova sensibilità che promuova la partecipazione politica. Solo con la partecipazione è possibile ricostruire un progetto che dia risposte ai bisogni sociali. Si tratta di operare un vero cambiamento che abbia come elemento principale della propria azione la rigenerazione della politica.
Avere un progetto sulle sfide aperte grandi e piccole
Innanzi tutto occorre ripensare ai temi dell'educazione, della formazione, della ricerca, temi che devono diventare la nuova frontiera per abbattere il grado di povertà culturale e di analfabetismo di ritorno presente nel Paese. Tutti sanno che in Italia la spesa per la ricerca scientifica e per la pubblica istruzione è ridicolamente bassa se confrontata con gli altri paesi industrializzati. Proprio oggi, dopo le azioni del governo nel settore, bisogna riparlare di una politica culturale che punti al rilancio della scuola e delle università, allo sviluppo dei rapporti tra scuola e società e che metta il Paese in condizione non solo di superare la concezione imperante di un mondo ultramaterialistico e unidimensionale, agghiacciante nella sua omogeneità, ma anche di fornirsi di strumenti idonei alla comprensione del diverso per una realizzazione più adeguata di una "Caserta città di pace" come ideale motivo conduttore per l’intera provincia. La nostra provincia ha bisogno di una politica che velocizzi tutti i passaggi per l'entrata in funzione del nuovo Policlinico dell'Università, finalmente, di Caserta, e di una politica culturale che punti alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio storico e artistico, nonché al recupero delle tradizioni popolari ed alla promozione di attività creative, sia artistiche (teatro, musica, scultura, pittura, poesia, ecc.) che artigianali, anche come volano per lo sviluppo di attività economiche e turistiche.
Il nostro partito, che pone il merito tra i suoi valori, dovrebbe avere una idea dello sviluppo fondata sulla qualità sociale e ambientale. La qualità del sistema Italia, cioè anche della nostra regione, della nostra provincia, dei nostri comuni e, in sintesi, del Mezzogiorno, sarà l’elemento di competitività sempre più determinante nella dimensione internazionale, così come lo sono già la ricerca, l’innovazione dei cicli produttivi e delle merci, la valorizzazione della risorsa lavoro e delle competenze. Puntare sulla qualità sociale e ambientale significa cercare risposte nuove a vecchi e irrisolti problemi. Ad esempio, è necessario uscire dal dualismo termovalorizzazione-discarica per il problema dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani quando sul mercato internazionale sono disponibili tecnologie nuove, ma completamente misconosciute o ignorate dall’attuale classe politica, compresa la nostra, che potrebbero essere introdotte con il duplice effetto di risolvere il principale problema ambientale e avviare ad un contenimento di quello sociale, cioè della malavita legata al trattamento dei rifiuti. Di questo non è mai stato possibile parlare nel nostro partito e, fortunatamente, se ne parlerà a Caserta alla fine di marzo 2011 per iniziativa di militanti IDV la cui militanza è stata resa virtuale e mai operativa dalla precedente dirigenza del partito. Puntare su una politica per la qualità significa dare anche un forte rilancio ai prodotti agro-alimentari di Terra di Lavoro ed in particolare ai prodotti della filiera bufalina sulla quale si sono concentrate una serie di tentativi di affossamento in base ad un presunto “allarme diossine”. A circa dieci anni dalla nascita di questo allarme a Caserta e in Campania siamo ancora nell’impossibilità di operare controlli pubblici sui prodotti agro-alimentari malgrado gli inutili investimenti fatti finora. E ciò con un aggravio di costi da parte dei produttori di latte e mozzarella di bufala e con una strada sempre in salita per non perdere la fiducia dei consumatori. Procedere in questa direzione, che oggi diventa ancora di più importante nel settore agro-alimentare dopo che ci si è accorti che la legge 283 del 1962 sulla tutela degli alimenti è stata abrogata dalla procedura «taglia-leggi» o legge 246 del 2005, è un esempio di come si può oggi regolare alternativamente il mercato e dare una risposta a un’idea corretta anche di funzione imprenditoriale. Quella parte del mondo produttivo interessata ad uno sviluppo di qualità, a regole condivise dei comportamenti del mercato, deve potere incontrare una risposta politica che il centrodestra non può né intende dare e il centro-sinistra mostra di avere difficoltà a dare. Su questo terreno il nostro partito dovrebbe iniziare a muoversi non solo a livello provinciale ma addirittura a livello nazionale. In questo la nostra provincia potrebbe porsi nel nostro partito in una posizione di traino a livello nazionale.
La qualità ambientale, poi, ha delle valenze che travalicano lo sviluppo economico e che diventano la leva di una nuova idea dello sviluppo. La tutela dell’ambiente, infatti, è intimamente connessa con la qualità della vita, la salute, la sostenibilità ambientale, la conservazione dell’energia, tutti parametri essenziali per entrare nel futuro con una prospettiva di rischi fortemente ridimensionata.
Conclusioni
La personalizzazione della politica ha assunto oggi nel nostro Paese una dimensione allarmante a tutti i livelli anche per il rapporto anomalo che si instaura tra mass media e politica. Per effetto di questo rapporto anomalo un disvalore cambia di segno e viene percepito, subìto o assunto come valore, pure nel nostro partito, con conseguenze devastanti perché accade anche che decisioni di grande rilevanza siano assunte in modo non trasparente e al di fuori di ogni confronto nelle sedi democratiche. Quando ciò avviene, si incrina il rapporto vertice/base di un partito e si affievolisce il rapporto politica/società. Occorre, perciò, una correzione di questa tendenza e un ritorno ad una corretta e democratica gestione collegiale del partito, che resta l’unico antidoto efficace a contrastarla. Possono anche verificarsi situazioni in cui sia necessaria una rapidità nella decisione e in questi rari casi è ammissibile che la scelta avvenga nella “solitudine del potere”. Ma quando queste situazioni da eccezionali diventano prassi ordinaria allora si cade in un chiuso personalismo, nemico della democrazia e della coesione interna. In queste condizioni di interruzione di comunicazione vertice/base si instaura nel vertice anche una tendenza alla sottovalutazione delle esigenze di cura e di rinnovamento del partito con l’innesco di deleteri processi autocatalitici.
Per incidere concretamente sui processi in atto, auspichiamo l’elezione di un coordinamento provinciale che sappia raccogliere e mettere in pratica quanto appena suggerito e che sia aperto a tutti i militanti e i cittadini che si riconoscono in questo documento di guisa che, oltre ad una crescita e ad un rafforzamento del nostro partito possa nascere dal basso anche un movimento di simpatizzanti per aiutare le forze del progresso e del cambiamento, di cui noi vogliamo diventare partito leader e di riferimento, a ritrovare la propria identità, a Caserta come a Roma. Un partito rinnovato e un movimento capaci di attivare una autentica osmosi per produrre cultura, capaci di stimolare il dialogo, nella accezione riportata nella premessa, su questioni fondamentali e che, allo stesso tempo, abbiano la forza di 'con-vincere' nei luoghi delle scelte attraverso l'impegno di uomini e di idee. Un partito e un movimento che offrano ai cittadini la possibilità di esprimere la propria riflessione, di renderli protagonisti sul terreno delle scelte, sapendo bene che, quando i canali democratici tradizionali forniscono, come attualmente, forti segnali di crisi, il valore principe da tutelare diventa quello della propria autodeterminazione nella difesa del proprio vivere liberi. Soprattutto un partito che dia più poteri ai militanti, che abbia più rapporti con gli elettori, che consenta ampie verifiche sull’operato dei dirigenti e che realizzi le migliori condizioni di democrazia interna. Insomma auspichiamo l’elezione di un coordinamento provinciale che viva di partecipazione, che ami sentire più il noi che non l’io e che operi realmente nel solco di autentiche tradizioni valoriali per dar vita dentro e fuori al partito a questo muoversi fattivo di uomini e di idee nuove e condivise, pur nella reale consapevolezza che «… non siamo né quelli che eravamo un tempo né quelli che dovremmo essere ora.» (Friedrich Dürrenmatt). Ma il nostro impegno è che niente sarà trascurato per essere quello che dovremmo essere ora e domani.
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